Diomede Borghesi (1539-1598)

Biografia

Bandito dalla città natale intorno al 1563-64 con l'accusa di furto, dopo un lungo vagabondare presso i principali centri dell'Italia settentrionale Borghesi fa ritorno a Siena nel 1588, chiamato da Ferdinando I a ricoprire presso lo Studio il ruolo di lettore di "toscana favella", che egli terrà fino alla morte, avvenuta nel 1598. Senza dubbio ebbe un peso di rilievo nella scelta del candidato l'intenzione del granduca di «promuovere anche sul piano del modello linguistico ufficialmente impartito nello Studio l'unità dello Stato» (Cappagli): l'idea di norma che risultava dalle prime due parti delle Lettere discorsive recentemente date alle stampe (Padova, Pasquati, e Venezia, Franceschi, 1584) si prestava appunto a questo scopo. L'autore così la sintetizzava in una lettera a Matteo Botti: «Nè si può da' poeti e da' prosatori moderni in materia di lingua commettere così grave inescusabile errore, come in usar voci e locuzioni in guisa che direttamente sia contraria all'uso degli antichi nostri eccellenti autori». Gli scritti di lingua del Borghesi, costituiti dalle tre parti delle Discorsive (la Terza parte stampata postuma a Siena, nel 1603, a cura di Bellisario Bulgarini), dai due volumi delle Lettere familiari (Padova, Pasquati, 1578; Venezia, Franceschi, 1584) e da un voluminoso codice autografo (Biblioteca Comunale di Siena, segn. H VII 16), si presentano nella forma di una fitta serie di annotazioni disorganiche riguardo a dichiarazioni di grammatici o a componimenti di scrittori per lo più contemporanei, la cui correttezza è misurata sul confronto con gli autori specialmente fiorentini del "secolo d'oro", il Trecento. La "collusione" del classicismo del Borghesi con gli scritti del Borghini e del Salviati, ai quali l'avvicinava già il Trabalza, e conseguentemente la distanza dalle posizioni antifiorentine che si andavano diffondendo nella Siena di fine Cinquecento gli valsero le censure risentite - espresse peraltro soltanto dopo la sua morte - dei concittadini, tra i quali il Politi, il Bargagli, il Bulgarini e il Cittadini, all'indirizzo di quelle voci ormai "dismesse" e "rance" eppur approvate dal "pedante toscano". Le dichiarazioni teoriche delle Lettere furono variamente riprese e modulate dal Borghesi nei sei volumi di rime (Mantova 1564, Padova 1566, 1567, 1568; Perugia 1570, Padova 1585) e nelle orazioni accademiche, quattro delle quali furono date alle stampe (Siena, Bonetti, 1589, 1590, 1592, 1596) e sono state recentemente riproposte in un unico volume curato da Carlo Caruso (Pisa, ETS, 2009), che riporta anche in appendice una utilissima prima ricostruzione della biblioteca del Borghesi.

Bibliografia

Valente 1905; Beccaria 1970; Minesi 1980; Cappagli 1991; Maraschio-Poggi Salani 1991; Caruso 2009;


Elenco delle opere